Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Centocinquantaquattresimo

Fra un po’ di ore sarò seduto su un treno. Guarderò probabilmente con curiosità tutti i passeggeri sistemarsi al loro posto prima della partenza. Altrettanto probabilmente mi dovrò alzare per fare spazio a chi si siederà nel posto accanto.

Sarà un venerdì sera diverso da tutti gli altri. Diverso dagli ultimi anni. Salirò su un treno veloce per raggiungere Mordor. Sarò affaticato dalla giornata lavorativa stremante, ma comunque sereno. Forse sereno ed ansioso come non lo ero da tempo.
Metabolizzo male i viaggi. Fino a quando non ho il culo appoggiato al mio posto prenotato ed il mezzo non è partito – sia via aerea, ruota o rotaia  -, ho la sensazione di avere una pistola puntata da qualche parte pronta a far partire un colpo. Sono ostaggio del viaggio. Vittima di me stesso e del tempo, anzi no, peggio, degli orari di partenza, dei ritardi, di quelle sfumature del tempo artificiali.

Con un giorno di ferie posso permettermi un piccolo trenino di giorni spensierati, nel gelo di Mordor.
Ho subito precisato che con molta probabilità, una volta sceso dal treno all’arrivo, mani e piedi mi geleranno, di conseguenza mi roderà il culo, come dicono qui a Roma.
Mai sopportato il freddo.
Ed abbastanza ostinato ed intelligente da non cedere alla prospettiva di un posto di lavoro sicuro a fronte di un clima ostile (e qualcuno si ostina a chiamarla qualità della vita, noncurante del ruolo che l’umanità stessa ha per quella, ma questo non sarà un post di polemica, semmai tutt’altro).

Paradossalmente quel gelo alle appendici degli arti troverà una controparte per la terza legge della dinamica, un cui la reazione uguale e contraria l’avrà il cuore, scaldandosi.
Sono tre anni di Natali meravigliosi passati grazie all’ospitalità di una famiglia eccezionale, qui a Roma. E mentirei se dovessi negare l’agio sempre provato ed il piacere delle cene e degli sfottò e dei discorsi. Della compagnia non fine a se stessa, ma trovata nel modo più naturale che forse è una peculiarità unica per quella famiglia, e di cui io ho avuto la fortuna di partecipare.
Ma mentirei altrettanto se negassi il desiderio, ormai mutato in brama, di passare questi giorni con i visi noti di tutta la mia vita. E quando scrivo tutta, intendo proprio tutta.

Dopo almeno tre anni, passo le feste natalizie a casa, e ci troveremo tutti, sparpagliati su questa penisola come fossimo dadi tirati a caso e forse lo stesso caso che ci ha tirati in quel modo ora ci raccoglie e ci risistema nello stesso luogo, per un po’ di tempo.
Ci sarà anche quell’animaletto strano incapace di coniugare congiuntivi, prepotente, noncurante, strafottente e menefreghista e per questo irresistibile che è l’ultima parente stretta.

Sarà forse come lo raccontano i film da quattro soldi che ti propinano a ruota in questo periodo, tutto così magico, tutto così scontato, smielato, corretto.
Sarà vero, questo è poco ma è fottutamente sicuro. Del resto, se del magico c’è da metterne, allora non è questione di volerne fare per rappresentare in particolarità inaccessibili il periodo, è che proprio questo periodo offre la possibilità di poterlo fare, e di poterci riunire, dopo esserci fatti gli auguri digitali attraverso un microfono ed un altoparlante. Attraverso della plastica: ora solo l’idea di sentire l’odore dello stesso piatto durante la cena, e l’ipotesi di ridere per una battuta fatta in tempo reale da uno dei commensali, quasi quasi mi esalta.

Ho scritto questa cosa prima di andare a dormire. Avrei voluto farlo in treno. Forse domani ne scriverò ancora, adesso non lo so.

L’unica cosa che posso dire è che i Maya, per quanto mi riguarda, avevano ragione: sarà il 21 dicembre 2012, io che torno a Mordor per le feste di Natale, ed è la fine del mondo.

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  1. Gianluca

    Ehm… copriti bene… A Mordor ti aspetta un bel nebbione di quelli tosti 😛
    Come sempre Mordor sa che arrivi e si presenta in tutto il suo terribile splendore 😀

    …ti aspetta un bel sidro possente per scaldarti le ossa!

  2. Che, se una volta leggerti qui mi sapeva di uno scomodo sapore voyeristico, ora mi è più scomodo non venirti a cercare…
    Che, lo sai, ci si affezziona pure a un comodino, noi feticisti malinconici, quindi figuriamoci…
    Che, chino il capo, per tutto quanto ne sai e non stò a spiegare
    Che, cedo il passo volentieri,almeno questa volta
    Che poi, alla fine, lo sai, stò lì all’angolo della strada, ad abbrustolire caldarroste aspettando l’okulele di accompagno..
    e come è norma, a Nicò, ma vaff……

  3. fra

    Che poi, sei più tornato?

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