Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Autore: Nicola Pagina 17 di 19

Ventisettesimo

L’altra sera esco al pub cui sono solito frequentare dopo la mezzanotte, e mi posiziono sulla porta d’ingresso intento ad intavolare quelle solite discussioni atipiche con amici vari, quando una ragazza dall’aspetto anche-quasi-piacente, occhio spento, mi si avvicina e mi fa << scusa, non avresti cinquanta centesimi? Mi servono per prendere un bicchiere d’acqua >>.
Non so se ci sia stata una qualche causa scatenante, ma quella sera stavo un gran bene, così mi sono girato verso di lei, l’ho guardata così come si guarda qualcosa di veramente curioso e le ho risposto con la prima cosa frullatami in testa.
<< Dell’acqua? con quella faccia lì? >> nello stesso istante le stavo allungando la moneta da cinquanta cents.
Sarà stata la condizione provante, le particelle di THC già fluidificato e gironzolante a braccetto con quelle di alcol nei canali arteriosi, o quant’altro, ma in lei non c’è stata reazione alcuna degna di esser definita come “arrabbiatura”.
<< No, davvero! Guarda, se riesco a farmi dare quella del rubinetto te li riporto! >> subito sulla difensiva.

Ventiseiesimo

Ventisette.
Ventisette come il giorno della paga.
Ventisette come gli anni di pontificato di Papa Giovanni Paolo II.
Ventisette anni di carcere per Nelson Mandela.
Ventisette come tutto sommato un bel voto ad un esame, anche se lascia un po’ di amaro in bocca – si era tanto vicini alla “perfezione”…

Ventisette, a dire il vero, è un’età che non mi sa d’un cazzo.
Sì, perché sorride del fatto di esser ventenne ed allo stesso tempo ha l’espressione del bascardo pronto a ricordarti di quanto sei prossimo ai trenta. Sai che tragedia…

Ma in fondo no. E’ che con il numero ventisette non ci ho trovato nulla di rilevante. Nulla degno di nota.
Sono ventisette, precedono i trecentosessantacinque giorni prima dei ventotto e così via.

Venticinquesimo

Per l’ennesima volta la celeberrima Filini Organization si è messa in moto.
Ancora una volta, nulla di programmato, tanto di improvvisato e quella classica “botta-di-culo” caratterizzante le nostre uscite fuori porta.

Capitare nella città della sorella – in cui ci vive ormai da diversi mesi – solo ora può sembrare strano, ma effettivamente non c’era mai stato un valido motivo per poggiare i piedi in quei lidi.
Questa volta ci siamo riuniti noi – fratelli – e siamo stati a vedere che cosa sarebbe potuto saltar fuori.

Quando arriva il primo pomeriggio, la faccenda si disegna già per versi inusuali.
Per un filomisantropo, passare tra moltitudini di persone dovrebbe sortire quanto meno un effetto simile al colpo di nausea dopo l’ennesimo sorso di whisky: macché.
Accodati ad un lungo corteo di giovani tambureggianti e danzanti, abbiamo percorso un lungo viale prima di fare tappa finale in piazza maggiore.

Ventiquattresimo

Quando arrivò il momento di partire era un assolato venerdì pomeriggio. L’altro si accorse dell’arrivo di uno dal continuo abbaiare dei cani nel cortile e, di seguito, dalla raffica di complimenti a loro indirizzati – anziché urla di terrore.
Il tempo di raccogliere tutto quanto serviva per la permanenza a destinazione e caricare quel grosso medaglione di lamiera – alimentando la curiosità della gente presente al bar di fronte alla casa dell’altro – a bordo del furgoncino ed i due sfrecciavano già rivolti alla meta.

Una tappa intermedia nello studio di un giovane artista in quel di Bergamo, con l’aggiunta di una breve colluttazione con un portatile Mac come fuori programma, e di nuovo catapultati oltre le giunture dei monti, fino a raggiungere la vallata destinata all’arrivo.

Durante un periodo del tragitto, l’altro cedette all’accanimento di Morfeo, dato la coppia di ore di sonno cui era provvisto, causa ignobile turno lavorativo.

Ventitreesimo

Dove sono? Ovvero: appunti di un viaggiatore disorientato – Parte seconda (un po’ più seria).

Chi mi conosce lo sa: non c’è periodo storico che riesce ad affascinarmi più del medioevo. So anche di non essere l’unico, ma tant’è.

Così in un rarissimo sabato costituito anche dalla mattina, mi sono ritrovato in una condizione che da tempo non provavo.

E’ un meccanismo mentale automatico (anche se come l’ho detto non rende l’idea: sembra che stia parlando di qualche strano aggeggio tecnologico), un gioco imparato da solo tutte le volte che mi sono trovato a poggiare i piedi in luoghi di quel periodo.

Non so se anche a voi sia capitato di cavalcare la fantasia con attorno tutti gli stimoli adatti a farlo.

Questa cosa, dall’origine – in me – incerta, mi portava anche ad estraniarmi da gruppi di amici ed a zittirmi completamente, per cogliere totalmente l’invenzione percorrente le mie sinapsi.

Ventiduesimo

Dove sono? Ovvero: appunti di un viaggiatore disorientato – Parte prima.

Attraversare un viaggio notturno per arrivare da qualcuno che va prendendosi sempre più spazio in te.
Provare in contemporanea fastidio per l’essere condizionato sempre di più “non-da-sé-stessi” ed allo stesso tempo covare ansia dal desiderio di vederla.
Rendersi conto di trovare i pertugi più impossibili pur di tenere un posto fisso nella mente da dedicare a quella persona.
Scorrere i cieli di mezzo stivale, nelle sfumature bluastre e nere delle notti annuvolate o serene, sfrecciando via su di un treno che senti palpitare e realizzi che sei tu a non stare più nella pelle.

Ventunesimo

Ora me l’hanno tolto, ma visto che negli ultimi giorni ho realmente avuto “il-dente-avvelenato”, sfogo qui un paio di cosette volutamente tenute per me nei tempi prematuri.

Elezioni politiche.

Mi vedo, con le braccia tese verso il basso, le mani giunte con le dita incrociate, oscillante ed esclamante <<Oh, che bello!>> con quel sorrisetto ebete di chi già sapeva l’ennesima mancata presenza dentro quella cabina.

A parte la claustrofobia, la misantropia – ho il seggio da parte a casa (no, non vicino: attaccato) il che mi porta a stare dentro mediamente diciotto minuti in più del dovuto, a rispondere a tutti quei << Nicola! …quanto tempo! …come stai? >> – quello che davvero non sopporto è dover andare a fare qualcosa in cui non credo.

Ventesimo

L’automobilista romano ha come principale passatempo quello di pigiare ossessivamente il pulsante del clacson. Basta una passeggiata lungo i marciapiedi di una strada trafficata, per avere come colonna sonora un accanimento isterico di toni variabili a seconda dei modelli d’auto presenti.
Poi, vivendo l’allegra sinfonia da una vettura ho capito una cosa: alla mente, il classico “beeep” usato nei programmi televisivi per coprire parole di discutibile decoro.

<<beep=clacson>>

“L’anima de’beep!’tua!”, “fan’beep’lo!”, “muoviti figlio di p’beep’ana!”.

Diciannovesimo

Specchio.

Forse era una cosa che non facevo da tempo, quella di guardarmi allo specchio, di osservare nella mia immagine riflessa quell’ammasso di eterei oggetti facenti parte del mio essere davvero.
Scegliendo di-tutto-di-più come palliativo a me stesso, ho passato periodi interi cercando di soffocarmi con inni al ricreativo e divorando ciò che di nuovo e leggero mi si poneva davanti.

Ora che ci penso bene, “asettico” sarebbe il termine più adatto.
Stavo – tutto sommato anche bene – in quella condizione in cui anche chi entra a far parte delle tue sfere conoscitive, le tue frequentazioni, in qualche modo non ti tocca.
Arrivano, come carte pescate da un mazzo in un gioco cui sai benissimo che prima o poi dovrai scartare, e lo fai quando arriva il momento. No, non c’è cattiveria, c’è atarassia. Un’atarassia chiara e forse più fastidiosa nell’essere realizzata, capace di trascinarti fino al punto in cui occorre per forza qualcosa in grado di distrarti in mezzo a quella cosa che ti ostini a non chiamare insoddisfazione.

Diciottesimo

Visto che non so cosa scrivere, mi limito a postare certe immagini di repertorio, magari pure senza didascalie – ma anche no. Queste immagini vanno dalle serate durante le prove con i ragazzacci del gruppo, a quelle fatte nel locale di Marco, per passare da un luogo in cui è in via di sviluppo la “creatura”, eccetera eccetera.
Non abbiatene a male con me se non aggiorno, ma è un periodo di discrete evasioni mentali, c’è stato il passaggio dalla stagione più intransigente, a quella che – speriamo – dovrebbe essere più dolce, c’è stato un susseguirsi di eventi attinenti a me che in qualche modo stanno sortendo un’esplosione silenziosa.

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