Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

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Centotrentanovesimo

Un po’ di pubblicità, che non fa mai male.

Grazie ragazzi.

AGGIORNAMENTO: hanno messo anche il making of.

Ri-grazie.

Centotrentaseiesimo

Ahahahahahahahahahah!

Ieri era il suo compleanno, maleducati!

Undici

Centotrentaquattresimo

La parola più lunga, sarà un numero. Cazzo.

Weekhard, not weekend

I will surviiiiive! 🙂 .

Centotrentesimo

Lei passa tutti i giorni a prendere il caffé. Escluso il sabato e la domenica perché non è dentro l’ufficio dove lavora. Ufficio che fa angolo nella piazza e ci sono quelle tende fatte come grosse frange ad attenuare la luce all’interno e la visuale all’esterno. Passa tutti i giorni con i colleghi più grandi di lei, ma non si sente a disagio. Anzi, così, vista dal tavolino dove spesso l’aspetto, sembra sappia il fatto suo.

Centosedicesimo

Tra le ricorrenze è quella peggiore, ma tocca.
Avrei avuto tante cose grandiose da scrivere qui, in sequenza di eventi più o meno memorabili, comunque sempre di vita e sempre – per Dio! – vissuta.
Allora lascio che i colori si affievoliscano e che ogni entusiasmo collassi, flebile nella sua stessa piccola implosione.
Sono sequenze di giorni, un quattro di un mese caldo, un cinque di un mese freddo e tutta l’impossibilità di muovere l’indifferenza.

Dicono i buddhisti di lasciarsi andare alle proprie pulsioni, perchè ragionevoli espressioni del nostro essere. In questo caso seguo il loro consiglio.

Centodecimo

Tende diafane e taciti usignoli.

E’ nel respiro: :a prima cosa che devo aver fatto una volta uscito al mondo. Una certezza vibrata dalle voci divenute familiari, dalle presenze scontate e sicure e dalle certezze accumulate con l’attraversamento di tutti gli scalini della vita, fino a quando qualcosa è venuto a mancare, ed il proseguimento s’è reso distrattamente più faticoso.
E’ il respiro a stabilire la distribuzione di ogni singola particella di energia: il respiro del tuffatore prima del voto olimpico, il respiro del musicista prima di uscire da dietro le quinte, il respiro di ogni persona quando deve ricorrere a qualcosa di sé tenuto da parte, custodito per il momento giusto.
Ora il mio respiro si scandisce a ritmi blandi, tutto il mio metabolismo è blando: questa è la mia parata per te.
Incredibile la consapevolezza dei giorni precedenti, e come il nuotatore preparavo col respiro l’anniversario del distacco: sarà tranquillo.

Centoseiesimo

Punk, Mod, Rude-Boy, Skinhead, Red-Skin (Sharp), Teddy Boy, Metallari, Rocker, Grunger, Dark, Goth, Emo, Casual, Underground, Clubber, Wasp, Hippy, Rasta, Yuppie, Hiphoppettari, Discotecari, Gabber(ini/ine), Pariolini, Sancarlini, Zecche, Fighetti e Sfattoni. Vegetariani e Vegani, Carnivori e Onnivori. Prendo un po’ di fiato. Tutta questa classificazione genera scompiglio, ma è – molto sommariamente – un piccolo glossario subculturale giovanile. Dagli anni ’60 in poi, escluso il termine WASP (mi dicono), ben più antico.

Scopro di conversazione in conversazione quanto si possono ammantare le tempeste dentro mettendole sottovuoto. Scopro salici piangenti travestiti da betulle e vengo ballonzolato rinchiuso in un amnios di malinconici ricordi ad ematocrito molto, molto basso.

Mentre ascolto mi tornano alla mente tutte le classificazioni di cui sopra, annotate di fretta sulla mia agendina per non scordarmele – ne passano di avversi alla memoria da queste parti -, realizzando in conclusione quanto siano una lontana e sbiadita esemplificazione d’appartenenza e/o rivalità.
Realizzo quanto (io) sia antagonista di me stesso e complice dell’attimo, solo nel momento in cui passa. L’attimo non è propriamente come ce lo immaginiamo, ho usato quella parola forse a sproposito. Un attimo fatto di periodi, di giornate e, soprattutto, di eventi.

Centocinquesimo

Comunicazione di servizio:

Galafhouse ha l’ultimo coinquilino.

Ho un nuovo compagno di stanza.

Direttamente dall’Andalusia – sì Pà, conosce proprio quelle zone – : Pablo.

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Me ed il nuovo compagno di viaggio. Fino a luglio.
(Non parla ancora italiano, vediamo che succederà…)

Centoquattresimo

Lezione 5 – allegro, andante, moderato.

Non ne potevo davvero più. Di non combinare un cazzo. A dire il vero di cose ne ho fatte, ma non ho avuto la forza di scriverle. Non che ne servisse chissà quanta, ma una serie di eventi volti al ridimensionamento annuo mi hanno provato.
Ora che ci penso, superare in aspettativa quanto offerto dal 2008, per il 2009 dovrebbe essere una passeggiata. In discesa col vento a favore.
La visita del fratello non è andata esattamente come me l’aspettavo. Una serata (quasi) all’attivo e i due giorni successivi con la febbre e a letto. Mi faceva tenerezza con quella testa a palla da biliardo dello stesso colore del cuscino.
Il fatto è che ci tenevo. Volevo rendere quei quattro giorni striminziti a disposizione qualcosa di memorabile, mastodontico, maestoso. Un musical: “4 days 4 Bros” o qualcosa del genere. C’avevo anche pensato al titolo, c’avevo. Niente da fare, un piccolo fiasco. E potente delusione.
Ma dopo il danno arriva la beffa. Sennò, che gusto c’è.
Il caro Marco è stata la vittima designata del contagio. Tra panico e quarantena avevo un terribile sospetto poi tramutatosi in realtà:

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