Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Centocinquantottesimo

Ho avuto la fortuna di accedere alla rete già nei primissimi anni della sua diffusione massiva. Eravamo a cavallo fra il ’96 ed il ’97, il modem ventotto e otto era più veloce del quattordici e quattro che era più veloce del novemilasei, se non ricordo male, la velocità con cui comunicavano i fax.

Erano modem analogici, dapprima il servizio internet era offerto da pochi provider (noi usavamo IOL – Italia OnLine) e si doveva pagare un abbonamento annuo oltre agli scatti della chiamata. Il modem componeva il numero e, dopo una ventina di secondi fra fischi e sbuffi – la stessa cosa che succede ancora oggi se chiamate un numero riservato ad un fax -, si era finalmente connessi ad internet; pochi anni dopo comparve all’isdn, le sottoscrizioni ad internet erano gratuite, ma si pagavano comunque gli scatti. La velocità vertiginosa raggiunta con l’isdn era di 128 Kbit al secondo. Un fulmine per l’epoca.

La musica si scaricava da Napster prima che quattro teste di cazzo dessero il pretesto alle legiferazioni del mondo reale di poter ficcare il naso in qualcosa potenzialmente diverso, forse migliore.
La mia riflessione acquisisce toni vagamente aspri su questo punto perché è lì che voglio arrivare, ma non c’è fretta.

L’abbattimento di Napster, ovviamente, non causò altro che migrazioni su altri sistemi: Gnutella, Audiogalaxy, WinMx… Più il servizio era ben fatto, più c’erano probabilità che venisse abbattuto, in base alle leggi sul copyright eccetera eccetera. Non voglio discutere sulla penalizzazione o meno del mercato a causa degli scaricamenti illegali: l’unica considerazione fattibile è che chi l’avrebbe comprato, lo compra comunque, e chi non l’avrebbe comprato, non lo compra. Assioma facile cui forse stanno arrivando anche quei gran cervelloni capaci di gestire sì e no il giardino di casa, incapaci di muoversi dinamicamente secondo quelle incredibili ed oscure dinamiche mondiali note con il nome di progresso, tecnologia, modernizzazione, cambiamento, eccetera eccetera.

Il sito proibito per antonomasia era Rotten.com ed il motore di ricerca più figo era Altavista. Yahoo non aveva alcun campo di ricerca (la casellina dove mettete le vostre parole zozze per cercare le mutandine di Emma Watson paparazzate), ma i siti erano censiti manualmente dagli sviluppatori: tu comunicavi l’indirizzo e loro valutavano, dopo averlo visionato. Per trovare un sito navigavi, appunto, per categorie: arte, salute, finanza, eccetera.
La chat era mIRC, prevalentemente anglofoni online, il concorrente di Internet Explorer era Netscape, Flash era un’innovazione epocale quando uscì ed era Macromedia. Il software di messaggistica istantanea più in auge era ICQ, Microsoft messenger stava guadagnando terreno piano piano.
Potrei andare avanti con queste memorie ancora per molto, ma non voglio annoiarvi più di quanto non sarà noioso questo articoletto.

Dopo aver speso preziosi anni della mia giovinezza magari rinunciando a notti brave, divertimento e delirio assoluto (bugia…), per dedicarmi a questo nuovo mondo, ne sono uscito deluso per motivi professionalpersonali.

E per motivi professionali ci sono rientrato direttamente in questi ultimi mesi e, se devo essere sincero, internet è diventato una merda.

Non voglio fare l’apologia del prima-era-meglio, si-stava-meglio-quando-si-stava-peggio, sono-sempre-i-migliori-quelli-che-se-ne-vanno, non-ci-sono-più-le-mezze-stagioni eccetera, ma è una constatazione arrivatami addosso, frantumandomi gli incisivi, spappolandomi il fegato e triturandomi i testicoli.

Caso 1 – favore ad un amico, ripristino macchina con sistema operativo obsoleto

Essendo una macchina datata, e la persona in questione non proprio un tecnofilo, non ho fatto altro che installargli il sistema operativo con cui quel portatile era stato prodotto. La fortuna è dalla mia parte, solo tre dispositivi del computer in oggetto non sono stati trovati con l’installazione principale: la scheda di rete wireless, la scheda grafica e la scheda audio.

Per chi proprio non è pratico di computer, gli basti pensare che ogni dispositivo è fatto da diversi componenti, ed ogni sistema operativo ha bisogno di appositi “driver”: file che dicono al sistema cosa è quel dispositivo presente sulla macchina e come farlo funzionare.

Cominciamo con la scheda wireless, prodotta da uno dei maggiori colossi nella produzione di microchip, vedo che con la chiave di ricerca esatta, comunque appaiono montagne di siti inutili, forvianti, di fantomatici servizi che non servono a nulla (se riesco a metterti il nome del dispositivo con tanto di sigle numeriche so quello che faccio) -. Comunque Riesco a trovarlo abbastanza facilmente. Bene.

Scheda audio, come sopra, tutto fila liscio.

Scheda grafica, ché mi ero stancato di avere il puntatore del mouse grande come il mio pugno.
La scheda in oggetto era prodotta da uno dei colossi delle schede per uso domestico, l’ATI, ora diventata AMD. Riconosco con un programmino apposta di che scheda si tratta e metto nel maGico motore di ricerca il nome esatto ed ecco l’incanto: siti che ti fanno scaricare tool per “vedere” che dispositivi hai sulla macchina ed aiutarti a trovare i driver, previa registrazione con inserimento dati personali, servizi a pagamento, eccetera eccetera. Perché mi devi scrivere “scarica il driver ora”, se poi non mi dai il driver ma un programma che non so se poi mi darà il driver?
Siti autogenerati sulla tua chiave di ricerca che ti portano comunque a servizi a pagamento, dati personali, carte di credito… Ma che cazzo è?

Ho risolto il problema della scheda grazie al sito di sviluppatori amatoriali che producono driver per modificare le impostazioni della scheda audio secondo necessità. Sito che esiste da oltre un decennio, fra l’altro e Grazie Ragazzi.

Caso 2 – semplice curiosità.

Sono da poco possessore di un IPhone, incuriosito ho voluto cercare un tool in grado di farmi sviluppare apps. Volevo vedere come si programma in quel caso e cosa poter fare, magari anche per questo posto qua.
Tool per sviluppare e compilare gratuitamente apps per IPhone ce ne sono (poche), ma.

Per poterli scaricare devi comunque registrarti e far sapere chi sei. Non voglio fare l’anonimo pirata o che, ma c’è una tendenza generale a minimizzare le questioni di privacy secondo una metodologia che non mi piace affatto.

Alcuni addirittura ti “compilano” (quel processo che elabora i codici che hai fatto e ti butta fuori il file vero e proprio dell’app) il lavoro in cloud. Mi spiego meglio: tu hai una bella idea, la sviluppi, poi devi compilarla: la carichi da qualche parte dove un computer sempre da quella qualche-parte ti elabora e restituisce l’app. Sì, ma il codice dove va? Direttamente nella casella email del tipo che offre il servizio? Mi fa piacere.

La rete sta diventando esattamente come il mondo reale, forse anche peggio, dove nessuno fa niente per niente: passione, divertimento, gioco, speranza, tutto sta lentamente andando a farsi fottere appannaggio del büsnes, annullando di fatto tutto quanto di buono c’era fino almeno a metà del primo decennio del nuovo millennio. Grazie alle persone, temo.

La prossima volta che scriverò di tecnologie, lo farò parlando di pc, tablet e smartphone: altro argomento feroce che merita il dovuto approfondimento.
Per ora vado a fare quattro passi sotto questa pioggerella di fine maggio, almeno se incontro qualcuno che contribuisce a peggiorare questo mondo posso mandarlo affanculo di persona.

 

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  1. J

    ti bacio, giusto per le ultime due righe.

  2. fra

    Notevole, non aggiungo altro!

    PS: su rotten ho scoperto i gatti nati nei vasetti di vetro, ve li ricordate??

  3. Nicola

    Oddio, su Rotten ne ho viste tante, che se ci penso disturberei il mio già precario processo digestivo.

    Comunque, ora che ho letto, di gatti in vaso mi ricordo qualcosa. Ma non era finzione?

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