Durante la domenica lavorativa, mentre manifestavo un insolito buonumore crescente di spettatore in spettatore propinante le stesse domande esistenziali sulla durata di questa/quella pellicola, stavo leggendo il seno di Philip Roth. Ho rotto il digiuno sabbatico di sette giorni dalla scrittura e lettura (digiuno obbligato a causa di un appesantimento cerebrale dovuto ad una cura antibiotica discretamente sfiancante dopo un intervento chirurgico) per colpa del Sole 24 Ore ed il suo inserto a cinquanta centesimi. Siccome il seno ancora non l’avevo letto ed ero morbosamente incuriosito dalla prospettiva di leggere come quell’alchimista poco ebreo potesse descrivere le esperienze sensoriali ed umorali di un uomo trasformato in tetta gigante, ho ceduto.