I – l’ansia.

Giacca beige, pantaloni neri, maglione nero, cintura nera – senza arti marziali in mezzo – capelli in ordine: cappotto chiaro o scuro?
Scuro? Scuro.
Andrò bene così? Cazzo, manco avessi un appuntamento con Cindy Crawford. Sì, però in che posto dovrò mai andare?
Dai che è tardi, tirati insieme.
<< Ragazzi, vado. Se torno per tempo ci rivediamo, altrimenti: a domani >>.
<< Ciao Nicò, buona serata >>.

II – l’attesa

Quando hai fretta e aspetti la metropolitana, per quanto questa possa avere dei passaggi frequenti sembra che quei minuti sul display non vogliano proprio passare mai.

Cinque minuti.
Quattro minuti.
Tre minuti.
Due minuti.
Due minuti e un cicinìn
Un minuto e uno sputo.
Treno in arrivo per…
Stavo scherzando, siediti e aspetta.
No, stavo scherzando ancora alzati che mò arriva.

Un uomo distrutto. Da fuori vedo quello. Ma il muovermi aveva già stemperato la tensione.
O forse erano i tre bicchieri di Ceres tracannati di corsa durante la cena.

III – il viaggio

La metropolitana è lenta, dovevo già essere arrivato da tempo, ma chi cazzo c’è alla guida, Paperoga?
Ah, eccoci, questa è la mia.
Wow, che sventolona quella con i capelli rossi, le arriverò si e no all’ombellico.
E’ tardi, non c’è tempo.

Sali.
Sfancula.
Sali.
<< Permesso! >> con il mio bell’accento e la cadenza da psicopatico.
La gente si sposta ai lati della scala, creandomi un corridoio centrale che nemmeno Mosé col mare.

Bene, eccoci fuori.
Ma dov’è che devo andare? A questa piazza confluiscono dodici strade diverse.

<< Scusate, sapete indicarmi dov’è via….?>>
<< Allora, vai dritto là. Costeggia le mura. Quando vedi tre archi passaci sotto e sei arrivato >>.
<< Grazie, buona serata! >>

IV – l’anomalia

Sì, lui ha indicato là, ma “là” dove? Ci sono quattro opzioni “là”.

<< Scusa, conosci la zona? >>
<< Zì >>
Ecco, ci mancava il jolly della serata, l’incontro inedito. Troppo tardi.
<< Senti, io dovrei andare a…>>

<< Zegui me >>
Ettì seguo.
Sembra Gnaghi del film Dellamorte Dellamore. Basso, tarchiato, con la camminata claudicante e capace d’esprimersi a qualcosa di vagamente più complesso dei monosillabi.
<< Carina? >>
<< Che? >>
<< Quella pazzata >> senza fermarsi indica dietro dove riesco solo a vedere delle gambe ed un paio di stivali banchi affiancati da un cappotto nero.
<< Ah, sicuramente >>. Non l’avevo nemmeno vista.
Nicola così non si fa però.
Certo, è di sicuro meglio tenere gli occhi su Gnaghi che non si sa mai.

Ma ci vedi? Uno lungo e secco incappottato e la faccia da Gesù e l’altro basso e grasso e claudicante e, ora che lo guardo meglio, anche un pochino gobbo. Fa tenerezza.
<< Qui destra >>
<< E’? >>
<< Traverza >>
<< D’accordo >>
Mancherà ancora molto a quel posto?
<< Puzza qui >>
<< Come? >> Ha un’abilità nello stare zitto quando ha la mia attenzione pari a quella di parlare quando sono con la testa da tutt’altra parte.
<< Qui puzza >>
<< Sotto le mura? Beh, ci fanno pipì… >>
<< Zì, pipì, scopa. Brutto qui. Traverza >>
<< Dove? >>
<< Là. Che numero? >>
<< 65 B >>
<< Ah, io lavoro 48. Stezza strad >>
Sì, un incrocio tra Gnaghi, un extraterrestre e lo zingaro interpretato da Bradd Pitt in The Snatch.
<< Ecco, tu ‘rivato. >>

V – la guardia

<< Buonasera >>
Sarà alto due metri e un mignon di Vecchia Romagna questo. Tranquillo che con te non ci litigo. Se non mi fai entrare giro i tacchi e vado.
<< ‘Ssera >>
<< E’ in lista? >>
Lista? Quale cazzo di lista. Porca puttana vuoi vedere che m’ha fregato?
<< Hem, no, non sono in lista >>
<< Stasera suonano, non può entrare se non è in lista >>
<< E’ che avrei appuntamento con una persona >>
<< Come si chiama? >>
<< XXXXXXX >>
Mi guarda. Mi scannerizza. In qualche modo deve aver avuto incorporato anche un metal detector e qualcosa che emetteva campo magnetico perché ho sentito chiavi e monete dalle tasche puntare nella sua direzione.
<< Guarda, io non so. Tu entra e chiedi di Emanuele, il proprietario. E’ giovane con la barba. Parla con lui e digli se va bene >>.

VI – l’ambiente

1.    Cameriera inguardabile.
2.    Cameriera fin troppo guardabile, Nicola togliti quegli occhi da Charly Manson e guardati in giro se riconosci vagamente la sua faccia.

Il locale tutto sommato non è grande, ma è spudoratamente ordinato.
Coppiette sulla fila di tavoli da due a sinistra, zona leggermente più buia del resto del locale con annessa candela-per-coppia, compagnie variegate sui tavoloni più grandi a destra, arco, altra sala.

<< Scusate, mi hanno detto di cercare Emanuele >>
Un ragazzo di certo sotto i quaranta mi si presenta davanti con la faccia a forma di punto di domanda.
<< Salve, MiHannoDettoAll’EntrataDiChiedereAL
eiPerchéNonSonoInLista >> respiro da nuotatore nei 200 misti << Ma, AvreiUnPuntelloConUnaPersona >>
<< Non c’è problema, accomodati pure! >> mi dice, sciogliendo l’ultimo frammento di tensione.
<< Giò, fai una birra a questo ragazzo, offro io >>

Deve essermi sfuggito qualcosa.  Posso capire l’accoglienza, la cortesia del proprietario del locale verso il cliente, ma così non mi era mai capitato.

VII – l’intruso

Ok, Nicola. Ora guardati intorno e cerca di capire se qualcuno ti può ricordare quelle vecchie foto digitali.
Lì direi di no.
Quella è la band che suona stasera direi proprio di no.
Nell’altra sala… Wow, bel palco, un contrabbasso, un computer con Reason in bella vista e un maxischermo con proiettor! – non divagare.
Lì, mmmmmm, bel culo, ma, no, non vedo nessuno che possa ricondurre.
Sigaretta.

<< Scusa, esco un attimo a fumare una sigaretta >> dico al barista, non conoscendo ancora gli usi di quel locale.
<< Fai pure come ti pare >> mi risponde con un sorriso che per poco non m’acceca.

Sono lì nel mio angolino, a guardare la scalinata in cotto e le pareti esterne in mattoni a vista, quando dal locale esce un tizio e mi chiede d’accendere.
<< Scusa, per caso conosci XXXXXX? >> gli chiedo.
<< No, ma che è, un musicista? >>
<< No di certo. Almeno credo. A dire il vero esattamente non so cosa faccia ora, non so a che ora potrebbe arrivare e nemmeno se potrebbe arrivare. L’unica cosa che sa è che sono quello più somigliante a Gesù in questo posto. >>
Questo prende a ridere finché non esce una ragazza con una nuvola di capelli in testa.
Anche qui la conversazione la ricordo a tratti. Ma ricordo esattamente di aver smesso di ascoltarlo quando ha detto una cosa del tipo “Lei è una delle tre persone più simpatiche di Roma”.
Anche se gli amici svedesi erano un bel siparietto.
E le amiche svedesi sembravano finte.

Nicola chiudi la bocca quando guardi la gente.

Nonostante i miei chiari segnali di disinteresse quello mi “attacca-una-pezza” che non finisce più.
Sono al limite della disidratazione fisica e psicologica quando dal locale escono i ragazzi che avevo attribuito al gruppo che di lì a poco avrebbe suonato.

VIII – il dubbio

Allora, la statura non dovrebbe essere quella. Mi avevano detto fosse più basso. Però era stata una donna che non sento da una vita e poi magari ce l’aveva con lui per qualcosa.
Però se è lì suona
<< Beh, XXXXXX ma che dici?  Perché sbagliando a fare una legge è finita che uno può pubblicare tranquillamente in rete musica, purché sia deteriorata. E tu puoi deteriorarla con frequenze fuori dalla capacità percettiva umana >>.
Se non è lui che ha il suo stesso nome e amici che parlano di frequenze al giovedì sera prima di suonare chiccazzo vuoi che sia
<< Scusa ti chiami XXXXXXX? >> gli chiedo
<< Sì >> risponde
Alla prima domanda: risposta esatta, ma già lo sapevo. Passiamo oltre.
<< E di cognome? >>
Mi guarda come se fossi uno sbirro.
<< XXXXXXX. Ma. Tu? >>
<< Sì, tu. Stordito!>> Lo ammonisco.
Si dà uno schiaffetto sulla fronte e, presentandomi un contrabbassista, un suonatore di musica elettronica (trentino!) e varie ed eventuali amiche mi piazza davanti una birra.

E 2.

IX – restiamo sul vago

<< Così mi hai detto che non scrivi più, ma davvero hai appeso la penna al chiodo? >>
A questa domanda, tutti gli amici, tutti, hanno cambiato espressione del viso. E ho visto gli occhi illuminarsi.
Mi sono sentito come uno che dice “sangue umano” ad una tavolata di vampiri. Allora l’ho colta al volo
<< Sapete >> rivolgendomi agli amici << lui è il principale colpevole di quello che sono diventato >>
Dalla tavolata di vampiri le espressioni sono mutate in qualcosa di simile a chi ha visto un tizio finire contro un muro in bicicletta.
<< Hai una pistola? >> mi chiede quasi preoccupato << no, perché se c’è qualcosa da dire dilla adesso >> era decisamente imbarazzato.

La discussione è andata su argomenti che non ho voglia di star qui a scrivere, ma una cosa l’ho capita: non l’ha appesa al chiodo.
E’ solo rimasto deluso dall’ambiente.
L’ambiente letterario romano è, a dir suo, pieno di gente troppo piena di sé, al punto di risultare insopportabile nel suo snobbismo di superiorità artificiosa.

Poco dopo – e un’altra birra offerta – hanno iniziato a suonare.
Dopo ancora Luca, il Trentino trapiantato a Roma con una storia carica di affinità alla mia, prende la sua performance di musica elettronica.

<< Nicola vieni su a suonare >>
<< No >>
<< Dai vieni su a suonare >>
<< No >>
Faccio per bermi l’ultimo goccio di birra che mi sento sollevato di peso e messo davanti al pianoforte digitale.

Base elettronica, contrabbasso, basso-che-non-suonava-assolutamente-come-
un-basso e piano.

E poi… poi qui ci metto qualche foto, mentre ieri c’è stato il “Negroni pre-congedo”.
L’hanno offerto loro, senza che aprissi bocca a riguardo.

P.S. Mi é stato spiegato il concetto delle ragazze presenti alla serata da una di loro:

“L’uomo col corteo di pigne” e “la donna cicisbéi“. Prima o poi spiegherò il concetto.

X – micro-reportage

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Foto del colpevole. E la felpa della Duff non ha prezzo.
La prossima volta, dimmelo che mi abbiglio comodo anch’io, ‘stardo.

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Contrabbassista
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Ero ancora mediamente in imbarazzo. A dire il vero non stavo capendo un cazzo.

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Chitarraio

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Troppo tardi Nik
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Luca quando suona, se inquadrato nel modo giusto, sembra stia facendo
tutt’altro.

Certe volte ti aspetti il peggio da una serata e ti rendi conto che tutto é talmente l’opposto da dover riprendere fiato più e più volte, anche se sei sempre stato seduto.