Capitolo in cui non so bene dove cazzo voglio andare a parare.
Allora, non so esattamente da dove cominciare. Nel dubbio, comincio da dove mi viene da cominciare. Che poi è quello che faccio sempre. E che avrei fatto comunque.
Durante i periodi di particolare verve personale mi abbandono a cose non per forza primarie. Il soggetto non è acqua, ma è cibo. Non per forza primario poiché, in questo caso specifico, mi sono ricordato di non aver più affondato i denti dentro un piatto ben preciso, venuto a mancare poco prima di un giorno di giugno, per l’esattezza il fottuto quattro, dell’ormai lontano 2008.
Sto parlando di vitello tonnato, nel caso vi stiate arrovellando il cervello cercando di capire dove cazzo voglio andare a parare. Sì, non ho più mangiato vitello tonnato da quando manca mamma, mi sono dimenticato di carpirne qualsivoglia consiglio a riguardo e così eccomi a surfeggiare sul web alla ricerca di una ricetta per il piatto in oggetto.
Ne ho trovata una carina. Più che altro – e chi mi conosce lo sa bene -, ho un debole per tutto quanto riguarda il passato. Niente a che vedere con Harrison Ford ed il suo Indy, piuttosto del passato mi piace, paradossalmente, la capacità evocativa che ai giorni nostri gli scrittori, sceneggiatori, documentaristi hanno nel propinarcela. C’è sempre quel non-so-che di arcano nell’arcaico, capace di solleticarmi la testa giusto pochi centimetri sopra le tempie.
Il preambolo era per giustificare il mio perché non-alla-maionese dovuto spiegare a Marco: “Come cazzo fai a fare il vitello tonnato senza maionese!?”
Nessuno sforzo. Basta cercare la ricetta tradizionale piemontese. Quella del 1700 (cit.). Conosco il piatto, ora, meglio del mio guardaroba. Ma solo perché in quella selva oscura fatico a distinguere i capi: è un’altra storia.
Già a leggere la parola “marinatura” ho dovuto trattenere i brividi lungo la schiena. Manco mi avessero succhiato i lobi. Okay, fate come se non l’avessi scritto. Comunque, ventiquattro ore di quasi un chilo di girello a marinare dentro vino bianco, sedano, chiodi di garofano, foglie d’alloro e salvia.
Nella casa di Mordor le foglie d’alloro non sono mai state un problema. In fondo al cortile, vicino a quello che una volta era il recinto dei cavalli c’è una pianta enorme che le foglie te le sbatte in faccia anche con non poca arroganza. Ed io adoro chi ti porge quello che ti serve con l’aggressività adatta.
Fate come se non abbia scritto nemmeno questo.
Paradossalmente a Roma, in un supermercato, l’alloro è la pietra filosofale. Voglio dire, non voglio mettere in discussione la reperibilità dell’articolo, ma alla fine ho recuperato delle foglie di alloro da due indiani che parlavano a malapena l’italiano, in un negozio d’ortofrutta, e non so nemmeno io a che lingua abbia fatto appello per farmi capire.
Credo sia stata Monia a farsi capire. Porcaputtana con tutte le corone d’alloro a cingere crani di imperatori!
Fatto sta che dentro uno di quei frighi alti e magri in cui generalmente ci trovi dei gelati, tira fuori quattro rami carichi di foglie di quella pianta. Credo li abbia raccolti da qualche vicino lì in zona, ma non faccio domande. Piuttosto spendo il mio tempo a fargli capire che non me ne servono 200, di foglie, ma solo una decina.
Ottenuto il nécessaires, torniamo in casa.
Far frollare la carne per almeno 24 ore dentro vino bianco (Frascati superiore. Sono a Roma. Checcazzo, un po’ di valorizzazione della zona). Così c’ho il mio vitello tonnato tradizionalmente piemontese adattato all’area di produzione tradizionalmente laziale, sedano, chiodi di garofano, foglie d’alloro (Alleluja!), e salvia.
Capitolo in cui si parla delle formiche.
Certa gente è restia a parlarne. Motivo di vergogna. In Galafhouse, nell’estate 2011, abbiamo dovuto affrontare un’aspra e rude e politicamente scorretta (?) guerra contro le formiche. C’era un problema alla base di tutto questo: la fonte.
L’esercito nemico mandava sporadiche squadre ricognitive in direzioni cardinali ben distinte, al fine di non permettere al nemico – cioè noi -, di capire ove fosse il quartier generale.
Passarono giorni. Le squadre ricognitive venivano abbattute dalle sentinelle in base ai turni.
Poi passarono settimane. Niente.
Un cucchiaino precedentemente immerso in un goloso barattolo di miele e poi sciacquato alla buona tanto uno stronzo lava le stoviglie prima o poi (più prima che poi, siamo diventati tanto precisi da fare invidia ad un perito balistico), lo si trova ed invece, INVECE!, la mattina successiva un plotone dozzinale di formiche è lì a suggere il nettare zuccherino e non v’è traccia alcuna della scia che possa lasciar intendere l’origine dell’onta! Quale spregiudicatezza!
Capitolo in cui si torna a parlare del vitello tonnato.
Dunque la marinatura doveva eludere qualsiasi rischio di invasione da parte dell’esercito nemico.
Involucro metallico inossidabile, coperchio, ed un odore che non saprei definire. Non era cattivo, ma era pungente. Il vino con le erbe e la carne in ammollo… Così com’era non aveva – sinceramente -, alcunché di invitante.
Giornata d’impegni, nottata lavorativa, il giorno dopo torno a casa dopo quelle che dovevano essere “almeno 24 ore” in un più rassicurante “di certo 28 ore” di marinatura.
L’idea iniziale era di cominciare il giorno dopo, ma tale era la brama, il desiderio, l’impazienza! Sì, come un bambino col balocco incartato a portata di mano. Cazzo, come faccio a lasciarlo lì? Nessuno può dirmi nulla, se lo preparo ora tutti i tempi sono perfetti, vado a dormire e domani per pranzo le mie fauci affonderanno nella portata mancata.
« Monia, ti prendi male se lo preparo adesso? »
« perché? »
Ho già filtrato la marinatura, allungata con l’acqua e messa sul fuoco.Quando mi serve una mano ti chiamo. E’ uguale, passa ogni tanto a buttare un occhio alla cottura che avanza con calma. E’ l’una, saranno due ore di cottura.
Poco dopo le tre finiamo.
Il piatto consumato il giorno dopo peccava solo di spessore eccessivo delle fette, rimedieremo la prossima volta munendoci di qualche coltello degno e non quelle cose dentellate che abbiamo in casa.
Capitolo in cui parlo della mia condizione.
Ora, è successo che mi sono rotto lo scafoide, ossicino nojosissimo facente parte del carpo – comunemente detto polso -, che, nonostante l’evocativo aspetto di uno scafo, mi blocca la mano. Destra.
Dovendo rinunciare forzatamente al lavoro ho tempo per frequentare tutte le lezioni in facoltà, ed il notorio spirito infermieristico delle gentil donzelle fa sì che mi passino gli appunti, anche se per tutto il resto è una condizione frustrante. Cominciando dalle ritirate al cesso e finendo dove volete voi: destri e mancini, provate a fare ventiquattro ore senza la mano più usata e poi ditemi. Così stanno cominciando le mie manie di mancinismo. Francesco sostiene che mi farà bene alla creatività. Ho fogli di protocollo a quadretti colmi di alfabeti italiani (quelli senza la J, K, W, X e Y), scritti con la mancina, interrotti di tanto in tanto con un porca puttana che male al braccio e frasi simili per testare la calligrafia anche con sequenze diverse. E’ una valle di lacrime, ma sono curioso di vedere come ne verrò fuori.
Erano due settimane che mi stavo chiudendo ad imparare bene un pezzo di Yann Tiersen, visto per caso su un video di youtube. Poche ore prima di farmi male stavo parlando con qualcuno dicendogli: è fatto, lo suono con tutte e due le mani a 64 bpm. Ho il tavolo alto e con i gomiti ad angolo acuto faccio un più fatica a suonarlo. Devo arrivare a 96 bpm, più o meno. Penso ancora un paio di ore e lo suono bene.
Appunto, ci sono. Ingessato.
Gianluca
Non ho capito bene dove volevi andare a parare =^_^=
Comunque è sempre bello vedere la vita attraverso i tuoi occhi, anche nelle piccole cose quotidiane… una ricetta, le formiche, il pornazzo sui youporn… 😀
fra
infatti… ma quand’è che scrivi un libro??
cinzia
forse sono stata poco attenta…ma la maionese???
Pame
incomprensibile….ma la tua foto è molto bella!!!!
LordB
contorsionistico. ma è sempre un piacere…
…privatamente… sono curioso di avere quella faccia lì… mandaci il link di quel video 😛
Nicola
@Gian: stralol!
@Fra: work really in progress 😉
@Cinzia: no, non l’ho scritto alla fine. Scrivendo tutto il pezzo con la sinistra, ne avevo piene le palle. Comunque niente maionese, la salsa si fa inglobando gli ingredienti (quasi tutti) della maionese, ma separati. Il risultato è una salsa meno color shocking, ma più delicata.
@Pam: lo so, ma ero menomato Pam. Che non hai capito?
@Biro: hai presente quanti video caricano ogni giorno? Vallo a ribeccare! :-p
Gianluca
ah ma lordB è il biro? 😀 Bella biro!!!!!
…e lo puttanameeeento.. cos’è….
LordB
touché…