Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Categoria: misantromia Pagina 6 di 12

Centoottesimo

Per quanto riguarda il concerto del primo maggio posso dire di aver visto – e, ahimè vissuto – solo il peggio.
Roberto ed Emmepì hanno avuto coraggio e costanza per assistere allo spettacolo per intero, mentre io me ne stavo solo nella mia solitaria solitudine ad ammirare la desolazione del cinema nelle prime giornate soleggiate. E’ come fare una passeggiata per Milano a ferragosto, le uniche persone che puoi incontrare sono addetti alla manutenzione strada oppure i ritardatari cui dopo una fuggevole occhiata li vedi sparire a bordo delle loro auto piene all’inverosimile e sfrecciare verso una località di villeggiatura a caso.
Quel giorno al cinema c’eravamo solo noi operatori.
Una giornata passata sottotono con la consapevolezza di dover fare ricorso a molte energie in vista del concerto.
<< Guarda che starà sul palco non più di quaranta minuti… >> mi dice Simone, scettico.
<< se vado di fretta non dovrei metterci molto. Tanto sono tutti a San Giovanni >>

Centosettesimo

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: SABATO 4 APRILE 2009 I SENZANORMA SUONANO ALLA LOCANDA DELL’IMPERATORE VIA CAVAGNE 8B SONCINO (CR).

Allora, ci sono sei spagnoli e un italiano, ma non è una barzelletta. E’ una serata.
D’accordo può sembrarlo, ma quando sei tra i protagonisti sortisce lo stesso effetto di una barzelletta difficile. Ci vuole tempo prima di ridere. Di riderci sopra.
Ci sono sei spagnoli, ma facciamo un passo indietro.
<< Rragacci, questo fine de sema…setimana vengono amici da Huelva achì. No està problema, vale? >>
<< Nessun problema Pablo. >> Laconica risposta a qualcosa di ovvio: che saranno mai un paio di amici dalla sua città.
Cinque.
Cinque più cinque fa dieci. Otto, perchè Francesco e Gabriele sono tornati al paese per lo fine semana.
La prima sera passa di striscio, Galafhouse in trasferta, tutti fuori – Gabriele e Francesco dovevano ancora partire – loro all’aperto forti dello spirito a diluire il sangue ed il vento gelido dei giorni scorsi ad evitare i loro corpi da andalusi rodati al caldo, noi chiusi in una fraschetta a parlare ed a cercare di portare il livello etilico all’intoleranza climatica.
Missione fallita, serata flop e rientro a casa (noi) senza nulla da segnalare e rientro a casa (loro) con la luce della prima mattina.
La seconda sera << Nicola ecci con noi>>.

Centoduesimo

Passare nell’esplosione storica di questa città è un’esperienza a tratti mistica. Li vedi sparsi un po’ dappertutto, ruderi e mutilati architettonici di un’epoca passata, antica. Eppure puoi percepire ancora la sua imponenza nelle cose rimaste e grazie al cielo custodite. Sono lì, trasudanti la loro furbizia e pronta a sbattertela in faccia, con quell’alone di mistero pronto a dirti:

Potete sondarmi,
mi potete studiare,
ma fino in fondo
non mi potrete mai capire.

Una visione del tutto personale dell’agglomerato fanta-ipnotico raccolto attorno all’Altare della Patria, alias la macchina da scrivere sito in Piazza Venezia che per una settimana mi sono ostinato a chiamare Porta Venezia manco dovessi andare in Corso Buenos Aires a fare spesa per Natale.

Centounesimo

Un mercoledì sera.

Ieri sera ho visto un uomo piangere. Piangere per una convinzione a mio avviso errata, col candore appassionato capace di prendermi ogni volta che sento una sorta di sopruso non condiviso, m’infiammo.
Dall’altra parte, in risposta, lacrime. Come se fossero state lo sfogo aspettato da una vita o giù di lì. Ne sono rimasto sconvolto. Mi c’è voluto un bicchiere di rum per riuscire a sedare lo sgomento cui – tanto bravo a placarlo a vista quanto incapace di chiuderlo nel vasto recinto gastrico – mi son trovato assoggettato.
Ma facciamo un passo indietro.
Per la seconda volta negli ultimi tempi si propone serata me/amico, visto il successo della precedente edizione.

SMS: Nick, raggiungimi a San Lorenzo1 sono con una compagnia di Torino. Simpaticissimi.

D’accordo, ci vediamo là.

SMS: Sono al xxxxxxxxxxxxx. Se non sono fuori sono dentro.

Cazzo ci farà fuori col freddo di questi giorni” è stato il pensiero del momento.

Centesimo

Questo è il centesimo post di misantropia.it.
Questa è la centesima volta che imbratto queste pagine.
Quanto segue, è, prima di tutto doveroso – da parte mia – e non è solo il caso a fare in modo che per la centesima volta, l’argomento sia violentemente personale.

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Sono sempre stato restio a scrivere della brutta gente che ha avuto il fegato e lo stomaco di sopportarmi nonostante il passaggio delle ere.
L’era post-studio.
L’era pre-lavorativa.
L’era lavorativa.
L’era nomade e l’era post-cataclisma.
Almeno, per quanto mi riguarda.

A voler pettinare daccapo le persone appartenenti a quella cerchia, di certo ho dei nomi e

Novantanovesimo

RAGAZZI HO TRE NOTIZIE DA DARVI: UNA BUONA, UNA MENO BUONA E UNA CHE NON SAPREI…

  1. Quella buona, per me, è che misantropia.it comincia ad avere una certa visibilità.
  2. Quella brutta è che un robot – no, non centrano né C1P8 o R2D2 (secondo generazione) e nemmeno il Bimby – una di quelle cose che postano messaggi a caso con link zozzi nei form1 dei vari siti che riescono a trovare – e qui vi rimando al punto 1 (Se è la seconda volta che leggete questa riga, passate oltre: il punto 3).
  3. Tempo fa hanno ritrovato il mio cane. Io ho provato a scriverne qualcosa, ma sono in un periodo confuso – tanto per cambiare. Al punto di non essere riuscito a portare a termine il micropezzo. Cosa che ho prontamente fatto ora che la faccenda è pubblica (so che non può essere sfuggito l’articolo).

Novantottesimo

Qualche settimana fa mi è arrivata al bar la consueta merce ordinata.
Tra le varie cose c’era anche una latta di olio di cocco per i pop-corn e, mentre trafficavo con Jack nel delicatissimo intervento di sostituzione della vecchia latta, leggo l’indirizzo della ditta che lo produce: via xxxxxx, n° xx, Bagnolo Cremasco.
Lì per lì mi sono solo limitato a scherzarci su con Jack, riguardo la curiosa coincidenza con Mordor, non facendoci più caso.

Oggi, mentre rabboccavo il secchio di mais da scoppio, l’occhio mi è ricaduto sull’intestazione.
In cinque secondi la mia mente è scesa dalle scale del cinema, ha imboccato la strada in direzione della tangenziale di Roma uscendo all’imbocco del Grande Raccordo Anulare, quindi ha percorso il tragitto fino a raggiungere il casello dell’A1 direzione Firenze e,

Novantasettesimo

E allora galleggiamo.

Sono quasi le 17,30 e sto combattendo col sonno1, sul posto di lavoro.
Vivo questa condizione con l’alienazione forzata di chi deve trasmettere il sorriso-di-servizio tanto rassicurante ai clienti.
Sento la mia voce squillante e attiva e presente e rassicurante, come fosse quella di un altro. Abbastanza vicino da vedere quello che succede, ma con una grossa lastra di vetro a dividermi dal mondo esterno, le mie stesse parole sembrano provenire da laggiù, da qualcuno che non sono io. Insomma, mentre quella cosa – cioè io – parla, sono lì sopra dietro una vetrata, tanto vicino da vedere, ma privato della possibilità di sentire i suoni in modo reale: li sento ovattati.
Un po’ come stare dietro quelle grosse vetrate che mettono sopra le piscine e da cui le mamme tengono sott’occhio i figli alle prime prese con l’acqua e il galleggiamento.

Stavolta l’insofferenza ha una giustificazione tangibile – pare – ma incredibilmente mi scopro buono – (deve essere per forza qualcun altro quello che parla…).
Ad un signore anziano ho descritto meticolosamente i tre tipi di gelato confezionato in vendita come se fossi ad un provino per media shopping e inappagato dal gesto tanto cordiale, l’ho aiutato ad aprire la scatoletta dei “Bocconcini Di Gelato Alla Vaniglia Ricoperti Di Cioccolato Al Latte2”, visto l’inquietante tremore parkinsoniano, prima che facesse del contenuto della confezione un omogeneizzato vaniglia e cacao.

Novantaseiesimo

Abbinare uno stato mentale vacillante, la lettura di Daniil Charms ed Emile Cioran ad un lavoro sociale non è propriamente consigliabile.

N
: Ecco, in questo periodo ho letto i libri più sbagliati da leggere.
P: Tu leggi sempre i libri più sbagliati da leggere in “quel” periodo, c’ho fatto l’abitudine…

Novantacinquesimo

DI GETTO

<<Allora, ti dicevo, non c’è nulla di logico, dici tu? Io dico di no, invece, la sua logica ce l’ha. Come? Sì, sì! Me ne dia mezzo chilo, e anche di quelle mele là, sì, quelle verdi. Non è illogico il suo modo di reagire, devi capire che non ha mai superato il trauma, e ora, se si ritrova in ospedale, è perché ha reagito secondo quello che doveva fare.
Scusa, mi prendi quel sacchetto dal tipo? Io intanto pago alla cassa.
Ok, ok, non hai niente da dire, ma non puoi restartene lì a guardarmi con quella faccia: quello che si poteva fare l’abbiamo già fatto, no?
Di là per i pomodori. Devi sapere che un anno fa dovevamo andare a Trieste per un concerto offerto da emtivvì, non che la cosa fosse particolare, ma almeno era un pretesto per andarci.
Eravamo sul treno che portava appunto a Trieste, tutto va tranquillo finché in una stazione secondaria… non ricordo nemmeno il nome, ma eravamo praticamente arrivati, saltano su un gruppo di ragazzini.

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