Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Categoria: misantromia Pagina 7 di 12

Novantaquattresimo

Radiografia, che nel mio caso basta una controluce.

Esiste una sorta di laica rettitudine nel mio essere misantropo.
Laica perché di certo non comprende castità né tanto meno pietà a prescindere: quelle robe lì le lascio a uomini dalla tempra adatta e di ben più alti valori dei miei.
Ma resta fermo il punto sulla “rettitudine”.
E’ quella cosa che mi permette di guardare negli occhi tutte le persone che incontro, cantata anche da Giorgio Gaber nel suo “se fossi Dio”.

L’odio compulsivo nei confronti della maggior parte delle persone nasce, di fatto, dalla convinzione di esserne migliore.
Sofferenze, vittorie, sconfitte, tutte avvenute alla luce del sole. Nulla da nascondere che non siano al 100 percento cazzi miei – e quelli me li tengo ben stretti attento a centellinarli solo alle persone davvero affini.

Novantatreesimo

Quella strana cosa che si materializza e ti diventa compagna. Per i primi giorni la si sopporta, dopo una settimana dà sui nervi e toglie ogni ragionamento. Al terzo mese cominciano le allucinazioni.

Insonnia: Buonasera Nicola, come va stanotte?

Nicola: “Buongiorno” mai tu, è?

Insonnia: Dai, lo sai ormai: ho anche io i miei orari. Di giorno lavoro, sono altrove. Come te, del resto.

Nicola: già, ma io la notte preferirei non rompere i coglioni al prossimo. Al massimo una birra o una grappa in un bar, poi tra le braccia di Morfeo…

Insonnia: perché sei gay? …Non l’avrei mai detto.

Novantaduesimo

Un microscopico tributo. L’arrogarsi il diritto di buttar giù qualcosa almeno in grado di non farti voltare pagina alle prime righe.

La tua America era decisamente più semplice. No, non per l’effettiva scioltezza descrittiva delle piccole realtà rurali. Semplice questione di semantica: l’italiano è scaltro – no, non la lingua, l’individuo – e sa fare in modo di girare e rigirare i significati di più parole al suo modo d’interessere.

Mi sposto e cerco di togliere un po’ di sfumature, così da avere una bella serigrafia nitida della faccenda.

Finalmente ho trovato un lavoro che si concilia con gli studi, un lavoro capace di darmi il tempo per studiare. Ed un lavoro di cui non pensavo assolutamente d’essere in grado.

Mi ci vedi sorridente – quasi-sorridente – con chiunque? Dietro un bancone? In grado di gestire un bar con gli ordini e tutte quelle cose lì?
Il vantaggio è di certo nella locazione. Dentro ad un cinema i clienti non hanno scampo. Soprattutto quelli muniti di chiassoso suppellettile comunemente definito “figlio/a” da soddisfare pena lagnoso e dolente trituramento degli attributi.

Novantunesimo

Vaffanculo. No, VAFFANCULO!

L’orologio del piccì fa l’una e 29 minuti – come tu scrivevi, i numeri in lettere fino al venticinque: per cosa poi, non l’ho mai capito.

Sfoglio le niùs di gùgol: “Suicida lo scrittore USA Foster Wallace”.
La ciliegina dell’anno.

Numericamente, cabalisticamente, sailcazzemente, il duemilaotto (stronzo) va chiudendosi nel più imponente e sfarzoso dei modi.

Al rovescio.

E’ che è – era, stronzo – il mio scrittore.

Devo cominciare a scrivere lettere intimidatorie a Sedaris.
Cose del tipo “non ti passi nemmeno per l’anticamera del cervello” o giù di lì.

Divertenti gli articoli delle testate italiane: è morto, s’è impiccato, l’ha trovato la moglie. Cenni biografici.
Vaffanculo anche a Voi.

Novantesimo

Stasera c’è ancora la luna con quella stella a fianco, poco distante.
E’ come se fossero collegate da un filo invisibile tenuto sempre alla stessa tensione.
Mi sono chiesto se anche tu ti fermavi a guardarle, le stelle, di tanto in tanto.
Prima non te l’avrei mai chiesto. Credo per l’imbarazzo: sembravi tanto pratica tu.
Eppure riempivi sempre tutte le parole crociate, le cornici concentriche e completavi anche quelle da cercare, quelle tutte bianche.
Io non ci riesco tutt’ora.

Non per altro: è che tra le cose pratiche un’approfondita conoscenza del lessico non mi sembrava paragonabile alle faccende domestiche e/o lavorative.

Ottantottesimo

Non c’era nulla che suscitasse il men che minimo senso di movimento in lui.
Sarà stata l’espressione ebete. Saranno stati gli occhi semichiusi. Sarà stata la camminata gobba, ma lui non si poteva di certo definire una persona carismatica.
Debosciato, moscio, con seri problemi di socializzazione.

A dire il vero, i problemi li aveva avuti anche con l’eroina, ma quel periodo era passato.
Nulla lo attraeva abbastanza da poter valere un minimo di entusiasmo a riguardo.

Sembrava che una cosa, per esser meritevole d’attenzione, dovesse per forza avere l’approvazione di chiunque gli stesse attorno in quel periodo.

Per intenderci, se la compagnia in quel periodo considerava “in” l’eroina, beh, allora si faceva.
Così lo era per il bere.
Sembrava incostante in qualunque cosa, mentre manifestava una certa continuità per tutto quanto riguardasse l’alterazione del proprio stato mentale.

Ottantasettesimo

Ho bisogno di quest’atmosfera.

Ottantaseiesimo

Le olimpiadi sono ormai prossime. In Cina, un’altra volta, l’evento sportivo supera i confini fatti da specialità, attrezzi, atleti.
Sarà qualcosa di nuovo, emozionante come solo le olimpiadi sanno essere – ed anche vagamente pericoloso.

Trentadue anni fa, a Montreal, una ragazzina di quattordici anni sottolineava il suo ingresso nella ginnastica artistica.
Sarebbe forse più corretto dire che una ragazzina di quattordici anni definiva-definitivamente la differenza tra atlete, buone atlete e leggende. Si apprestava a prendere di diritto un posto tra le leggende dello sport.

Ottantacinquesimo

[…]
Ci sono notti nella foresta di parole
che il panico mi prende, ogni passo dentro buio più fitto,
la sola via d’uscita scrivere me stessa fino a una radura
che è silenzio.
Notti nella foresta di parole
che ho paura di non poterci udire tra noi
al di sopra dello sbattere dei rami, al di sopra
delle nostre due voci che chiamano.

Ottantatreesimo

E allora ritiriamoci per qualche giorno. Sì, andiamo a vedere come si presentano le terre friulane una volta per tutte.

Guardiamo mio padre e mio fratello intenti ad un full-immersion nel mondo equestre a stelle e strisce ed uniamoci al seguito.

Attraversando in largo il nord Italia, ho visto la terra distesa alzarsi in ordinate colline spolverate di vigneti e fiori gialli, per poi spianarsi di nuovo fino all’orizzonte.

La campagna friulana si presenta simile a quella di Mordor, ma le zone boschive sono decisamente più selvagge.
Il tagliamento ha un letto talmente grande che ci fanno le esercitazioni con i carri amati – mi dicono: ora sono più tranquillo.

Vedere quel letto di pietre bianche con le venature turchine è uno spettacolo non indifferente, soprattutto quando da tempo mancavano agli occhi acque cristalline correnti direttamente dalla terra.

Tengo a precisare che per la manciata di giorni cui ho presenziato mi è stata concessa solo mezza giornata di sole. La giornata delle gare in un centro, insomma ‘na botta di culo tra freddo e acqua dal cielo.

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