Con una resa incredibilmente longeva – per quanto mi riguarda – qualche giorno fa ho concluso una delle esperienze più illuminanti della mia ancora (grazie al Cielo) breve esistenza.
Era il diciassette maggio 2004 quando entravo a piè pari in quello che doveva essere un “anno sabbatico”, rivelatosi poi un periodo ben più gonfio, per motivi che a tutt’ora – sono mediamente (in questo momento) “a-caldo” – non saprei spiegare.
Cominciai a capire che quel lavoro mi avrebbe insegnato qualcosa quando, a seguito di una piccola ustione alla mano, andai dal mio diretto superiore a lamentarmi del danno.
“Guarda, mi sono scottato la mano!” gli dissi.
“E té ‘ndu séret?” (e tu dov’eri?) mi rispose.
La mia storia si svolge all’interno di una contraddittoria (per svariati motivi) grossa industria chimica del nord Italia. Nomi e riferimenti reali li ometto, ho già troppe beghe legali da risolvere senza bisogno di aggiungerne altre, ma tutto quanto scritto qui, vi posso assicurare, corrisponde al vero.