Siamo solo di passaggio e mai nessuno che pulisce

Categoria: misantromondo Pagina 4 di 7

Centotredicesimo

Non è per niente facile. “The time is running out” cantava qualcuno, e mai come in questo caso la frase mi è sembrata più veritiera.

Oggi è un giorno particolarmente triste: Pablo è partito. Sei mesi scivolati via al ritmo di feste all’aperto, studio, danze improbabili e sempre-e-comunque uno spirito, quello Andalù, come si definiva lui, di un’energia positiva disarmante.

Dopo un’ora scarsa di sonno e carichi dei festeggiamenti personalmente battezzati come “il-lungo-addio”, abbiamo accompagnato lui e Virginia all’aeroporto, e non ce l’ho fatta ad abbracciarlo prima che andasse.

<< Vattene >> l’unica cosa che ho saputo dirgli, regalandogli il “The Sun” per le tette dell’immancabile bella gnocca a pagina tre e la Gazzetta dello sport del giorno, a lui che di calcio ne è intossicato come pochi.

Se ne va da Galafhouse chi ha saputo lasciarmi un’eredità immensa.

Dovrei fare un passo indietro, al freddo. Spesso molte storie cominciano col freddo e finiscono – le migliori, quelle più felici – lasciando un velo di malinconia accompagnato da un clima migliore rispetto a quando tutto era cominciato.

<< Abbiamo il coinquilino nuovo. E’ spagnolo >> il laconico commento di Francesco al mio rientro a casa, il giorno prima che Pablo ci si trasferisse.

Centosettesimo

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: SABATO 4 APRILE 2009 I SENZANORMA SUONANO ALLA LOCANDA DELL’IMPERATORE VIA CAVAGNE 8B SONCINO (CR).

Allora, ci sono sei spagnoli e un italiano, ma non è una barzelletta. E’ una serata.
D’accordo può sembrarlo, ma quando sei tra i protagonisti sortisce lo stesso effetto di una barzelletta difficile. Ci vuole tempo prima di ridere. Di riderci sopra.
Ci sono sei spagnoli, ma facciamo un passo indietro.
<< Rragacci, questo fine de sema…setimana vengono amici da Huelva achì. No està problema, vale? >>
<< Nessun problema Pablo. >> Laconica risposta a qualcosa di ovvio: che saranno mai un paio di amici dalla sua città.
Cinque.
Cinque più cinque fa dieci. Otto, perchè Francesco e Gabriele sono tornati al paese per lo fine semana.
La prima sera passa di striscio, Galafhouse in trasferta, tutti fuori – Gabriele e Francesco dovevano ancora partire – loro all’aperto forti dello spirito a diluire il sangue ed il vento gelido dei giorni scorsi ad evitare i loro corpi da andalusi rodati al caldo, noi chiusi in una fraschetta a parlare ed a cercare di portare il livello etilico all’intoleranza climatica.
Missione fallita, serata flop e rientro a casa (noi) senza nulla da segnalare e rientro a casa (loro) con la luce della prima mattina.
La seconda sera << Nicola ecci con noi>>.

Novantaquattresimo

Radiografia, che nel mio caso basta una controluce.

Esiste una sorta di laica rettitudine nel mio essere misantropo.
Laica perché di certo non comprende castità né tanto meno pietà a prescindere: quelle robe lì le lascio a uomini dalla tempra adatta e di ben più alti valori dei miei.
Ma resta fermo il punto sulla “rettitudine”.
E’ quella cosa che mi permette di guardare negli occhi tutte le persone che incontro, cantata anche da Giorgio Gaber nel suo “se fossi Dio”.

L’odio compulsivo nei confronti della maggior parte delle persone nasce, di fatto, dalla convinzione di esserne migliore.
Sofferenze, vittorie, sconfitte, tutte avvenute alla luce del sole. Nulla da nascondere che non siano al 100 percento cazzi miei – e quelli me li tengo ben stretti attento a centellinarli solo alle persone davvero affini.

Ottantaseiesimo

Le olimpiadi sono ormai prossime. In Cina, un’altra volta, l’evento sportivo supera i confini fatti da specialità, attrezzi, atleti.
Sarà qualcosa di nuovo, emozionante come solo le olimpiadi sanno essere – ed anche vagamente pericoloso.

Trentadue anni fa, a Montreal, una ragazzina di quattordici anni sottolineava il suo ingresso nella ginnastica artistica.
Sarebbe forse più corretto dire che una ragazzina di quattordici anni definiva-definitivamente la differenza tra atlete, buone atlete e leggende. Si apprestava a prendere di diritto un posto tra le leggende dello sport.

Ottantaquattresimo

Antefatto: Marco è andato a farsi fare un tatuaggio, il primo tatuaggio.
E’ stato frutto di una furente, alquanto sofferta ed ostinata ricerca di qualcosa carico di tutto il nipponico significato che sta tanto a cuore al nostro affezionatissimo.
L’idea, di principio, doveva essere il fedele rifacimento di uno spallaccio di armatura da samurai giapponese, di non so che secolo – più tardi chiedo, pignoli.

E’ tornato a casa – io l’ho visto soltanto una volta posato piede alla stazione di Roma Termini – con una carpa e delle strane linee curve sulla superficie lisciata della spalla, del tutto simili a quelle delle mappe del meteo per indicare le zone di alta e bassa pressione.

Ovviamente c’era tutta una spiegazione dietro:

Ottantatreesimo

E allora ritiriamoci per qualche giorno. Sì, andiamo a vedere come si presentano le terre friulane una volta per tutte.

Guardiamo mio padre e mio fratello intenti ad un full-immersion nel mondo equestre a stelle e strisce ed uniamoci al seguito.

Attraversando in largo il nord Italia, ho visto la terra distesa alzarsi in ordinate colline spolverate di vigneti e fiori gialli, per poi spianarsi di nuovo fino all’orizzonte.

La campagna friulana si presenta simile a quella di Mordor, ma le zone boschive sono decisamente più selvagge.
Il tagliamento ha un letto talmente grande che ci fanno le esercitazioni con i carri amati – mi dicono: ora sono più tranquillo.

Vedere quel letto di pietre bianche con le venature turchine è uno spettacolo non indifferente, soprattutto quando da tempo mancavano agli occhi acque cristalline correnti direttamente dalla terra.

Tengo a precisare che per la manciata di giorni cui ho presenziato mi è stata concessa solo mezza giornata di sole. La giornata delle gare in un centro, insomma ‘na botta di culo tra freddo e acqua dal cielo.

Settantatreesimo

Buona parte del nostro benessere, come spada di Damocle, è parte del nostro malessere. O, più semplicemente, motivo.
Allora che fare?
Stabilendo l’unica rotta possibile ed immaginabile di un fine settimana fatto come si deve, non si poteva fare altro che puntare verso sud.
Moderatamente verso sud.
Mitologicamente verso sud.
Omericamente verso sud.

Sessantacinquesimo

Sono tre settimane che Francesco non mette il naso fuori dall’appartamento: sta preparando un esame importante.

A dire il vero era per la settimana scorsa, ma causa alto numero di iscritti all’appello s’é ritrovato con una settimana di tensione in più ed una faccia da Jack Nicholson in Shining.

Ieri sera siamo usciti insieme, e la serata ha portato un paio di osservazioni.

1 Ogni singola considerazione é vincolata dal punto di vista del soggetto.

Sulla porta d’ingresso del palazzo, un foglio di carta:

Santa Pasqua 2008, Don XXXXXXXX passerà a benedire le vostre case il giorno 3 marzo dalle ore 17.

Sessantaduesimo

Myth Buster – fanculo: acchiappa-miti, atto secondo. Ho bisogno di contraddirmi.

Questo é un post, come dire… ecco, un po’, ma forse anche di più. Sì, insomma, un post…

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Levataccia di sabato mattina per l’innata paranoia della “cappella” sugli orari, già sull’autobus, con la valigia appresso, mi sentivo Topo Gigio col cuscino.

Appena le sinapsi avevano finito di stiracchiarsi il mio pensiero é stato qualcosa di simile a “non ci sarà di certo nessuno: chi cazzo vuoi che parta per Londra il sabato mattina?”

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe…
che porca puttana
tutta sta gente si levi dalle palle.”

L’Infinito ed oltre.

Sessantunesimo

I – l’ansia.

Giacca beige, pantaloni neri, maglione nero, cintura nera – senza arti marziali in mezzo – capelli in ordine: cappotto chiaro o scuro?
Scuro? Scuro.
Andrò bene così? Cazzo, manco avessi un appuntamento con Cindy Crawford. Sì, però in che posto dovrò mai andare?
Dai che è tardi, tirati insieme.
<< Ragazzi, vado. Se torno per tempo ci rivediamo, altrimenti: a domani >>.
<< Ciao Nicò, buona serata >>.

II – l’attesa

Quando hai fretta e aspetti la metropolitana, per quanto questa possa avere dei passaggi frequenti sembra che quei minuti sul display non vogliano proprio passare mai.

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